
22 Giugno 2017
Novità nella terapia dell'IPB:
l'associazione di Avodart e Tamsulosina in un unico farmaco, il Combodart.

L'iperplasia prostatica benigna ("IPB") – spesso indicata anche con i termini non corretti di "ipertrofia prostatica" o "adenoma della prostata" – è una condizione patologica estremamente diffusa caratterizzata dal progressivo aumento delle dimensioni della ghiandola prostatica.
A causa degli stretti rapporti con le vie urinarie, l'ingrandimento prostatico può causare fastidiosi disturbi della minzione fino a situazioni di ritenzione completa d'urina. Tra i sintomi dovuti all'ostruzione dell'uretra ("sintomi ostruttivi") rientrano l'attesa minzionale e il rallentamento del getto urinario. Altri disturbi sono invece legati ad alterazioni reattive che possono insorgere a carico della vescica ("sintomi irritativi") e tra questi vi sono la necessità di urinare spesso ("pollachiuria"), l'urgenza minzionale, l'incontinenza da urgenza e la necessità di urinare durante la notte ("nicturia").
Nella maggioranza dei pazienti affetti da IPB – prima di ricorrere al trattamento chirurgico – ci si affida alla terapia medica: tra i farmaci più spesso utilizzati vi sono gli alfa-litici (come la tamsulosina o Omnic) e la dutasteride (Avodart). Questi due farmaci vengono spesso prescritti in associazione nel singolo paziente. Da alcune settimane, esiste in commercio un nuovo farmaco – il combodart – che unisce al suo interno tamsulosina e dutasteride, in modo da consentire ai pazienti in terapia di associazione di assumere un unico preparato farmaceutico.
Cenni sull’IPB:

L’IPB è una patologia diffusissima e la sua incidenza aumenta con l’invecchiamento: più dell’80% dei soggetti maschi di età superiore ai 70 anni presenta infatti all’interno della ghiandola le alterazioni istologiche tipiche dell’IPB. Fortunatamente in meno della metà dei casi sono presenti anche le manifestazioni cliniche della patologia (ovvero i sintomi).
Le cause restano ignote: sembrano importanti gli aspetti ormonali del paziente è la familiarità, mentre sono esclusi i fattori ambientali come la dieta. In particolare sembrano avere un ruolo chiave i cambiamenti nella produzione del testosterone (e del suo metabolita di-idro-testosterone, DHT) e degli estrogeni.
L’aumento del volume della prostata in corso di IPB è dovuto all’iperplasia della componente parenchimale e stromale della ghiandola: si verifica pertanto un aumento del numero delle cellule prostatiche. Non si tratta quindi né di una ipertrofia né di una neoplasia. Non esiste alcuna relazione causale tra l'IPB e il tumore della prostata: anche se possono coesistere nello stesso paziente, si tratta di patologie completamente differenti.
L'IPB è una patologia progressiva!

L’Iperplasia prostatica benigna è una condizione patologica che deve essere considerata evolutiva e progressiva. La storia naturale della prostata è infatti quella di ingrandirsi inesorabilmente nel tempo.
La velocità della crescita è tanto più marcata quanto più è elevato il volume prostatico, quanto più avanzata l’età del paziente e quanto più alto il valore del PSA.
Per questo motivo la terapia medica può essere utile anche nei soggetti senza sintomi urinari ma a rischio di progressione, con lo scopo di bloccare l’evoluzione della malattia e prevenire quindi la comparsa dei disturbi clinici.
La terapia medica dell’IPB. I farmaci disponibili:
- 1) Farmaci inibitori della 5-alfa-reduttasi:
A questa categoria appartengono la finasteride (in commericio: Proscar, Finastid, Prostide) e la dutasteride (Avodart). Sono in grado di inibire l’azione dell’enzima 5-alfa-reduttasi responsabile della conversione del testoserone in di-idro-testosterone (DHT). Dato che il DHT è uno dei principati fattori di crescita della ghiandola prostatica, il calo della sua concertazione intraprostatica inibisce il processo di iperplasia cellulare.
Questi farmaci sono pertanto in grado di fermare la progressione dell’IPB e – almeno nel periodo iniziale di utilizzo – riescono a indurre un calo del volume prostatico. La loro azione sui disturbi clinici è tuttavia lenta e secondaria solamente alla riduzione volumetrica della prostata. Sono particolarmente indicati nei pazienti a rischio di progressione, in cui il volume prostatico ha già raggiunto valori critici. - 2) Farmaci alfa-litici (o alfa-bloccanti):
Si tratta di farmaci capaci di indurre il rilassamento delle cellule muscolari lisce presenti a livello del collo vescicale e della capsula prostatica, in modo da favorire lo svuotamento vescicale e ridurre le resistenze sull’uretra durante la minzione. La loro azione è molto rapida e i benefici sono apprezzabili già dopo pochi giorni dall’inizio della cura: sono solitamente in grado di migliorare notevolmente i sintomi urinari di tipo ostruttivo (come la velocità del getto e l’attesa minzionale) e in parte anche quelli irritativi (come la pollachiuria, l'urgenza e la nicturia). Al contrario, non agiscono sul volume della ghiandola e non sono pertanto in grado di rallentare la progressione dell’IPB.
In questa categoria di farmaci troviamo la tamsulosina (Omnic, Pradif), l’alfuzosina (Xatral, Mittoval), la silodosina (Urorec, Silodyx), la terazosina (Unoprost, Urodie, Teraprost) e la doxazosina (Cardura, Benur).
Oltre agli inibitori della 5alfa-reduttasi e agli alfa-litici (che sono i farmaci più spesso utilizzati e i soli ad essere rimborsati dal sistema sanitario nazionale) esistono altre categorie di farmaci utilizzabili nei pazienti affetti da IPB:
- 3) Farmaci antimuscarinici (o anticolinergici):
Si tratta di farmaci storicamente utilizzati nelle donne affette da iperattività vescicale. La loro azione si esplica attraverso il blocco dell'attività del sistema parasimapatico, responsabile della contrazione del muscolo detrusore vescicale: in questo modo favoriscono il "rilassamento" della vescica. Il loro utilizzo può essere pertanto indicato in quei pazienti con IPB in cui prevalgono i sintomi urinari irritativi. Tuttavia, la loro efficacia solo raramente risulta completa e gli effetti collaterali sono abbastanza frequenti e fastidiosi.
Tra i farmaci antimuscarinici vi sono la tolterodina (Detrusitol), la solifenacina (Vesiker), l'ossibutinina (Kentera), la fesoterodina (Toviaz), la propiverina (Mictonorm) e il trospium (Uraplex).
Un farmaco concettualmente simile ma dotato di un meccanismo d'azione diverso è rappresentato dal mirabegron (Betmiga): i risultati sembrano migliori di quelli ottenibili dagli antimuscarinici e e gli effetti collaterali meno significativi. - 4) Fitofarmaci a base di sereoa repens:
Si tratta di prodotti contenenti gli estratti di una particolare pianta - la serenoa repens - che sembra avere in alcuni pazienti un'azione benefica sui sintomi urinari. Gli effetti collaterali sono virtualmente assenti ma la reale efficacia non è stata dimostrata dagli studi scientifici. Tipicamente vengono impiegati in soggetti giovani con sintomi di entità lieve.
I preparati in commercio sono praticamente infiniti: tra i più conosciuti troviamo Permixon, Saba, Prostaplant, Prostamol ... - 5) Farmaci inibitori della 5-fosfo-diesterasi (PDE5i):
Questi farmaci estremamente famosi (in quanto utilizzati comunemente nella terapia della disfunzione erettile) possiedono anche un’azione simile a quella degli alfa-litici e possono contribuire a ridurre i sintomi urinari nei pazienti affetti da IPB. In particolare il tadalafil (Cialis) assunto quotidianamente al dosaggio di 5 mg risulta particolarmente indicato per questo tipo di terapia. Il paziente ideale è quello in cui i sintomi dell'IPB coesistono con problemi di disfunzione erettile e - aspetto non trascurabile visti i costi del farmaco - in assenza di problemi economici.
Le indicazioni alla terapia medica: quale farmaco utilizzare nel singolo paziente?
In base a quanto detto fino ad ora possiamo affermare che:

- Nei pazienti con volume prostatico aumentato ma senza disturbi urinari (o con disturbi minimi) può essere valutata una monoterapia basata sugli inibitori della 5-alfa-reduttasi (Avodart o finasteride). Questa cura è mirata a bloccare la crescita prostatica, nell’ottica di evitare la comparsa dei sintomi urinari e di ridurre il rischio di ricorrere in futuro a trattamenti chirurgici o al posizionamento di un catetere vescicale.
- nei pazienti con prostate non particolarmente ingrandite ma con sintomi urinari di entità medio-severa andrà considerata una terapia con farmaci alfa-litici. Lo scopo della cura è quello di un veloce miglioramento dei sintomi senza preoccuparsi del volume prostatico. Quando sono prevalenti i sintomi di tipo irritativo rispetto a quelli ostruttivi possono essere utilizzati i farmaci antimuscarinici (eventualmente anche in associazione agli alfa-litici).
- nei pazienti con prostate ingrandite e sintomi urinari importanti deve essere invece considerata una terapia di associazione con inibitori della 5-alfa-reduttasi e alfalitici. In questo modo si cerca di agire sia sui sintomi in modo rapido, sia sul volume prostatico per evitare la progressione della patologia. Diversi studi scientifici molto autorevoli hanno dimostrato nel recente passato come la terapia di associazione per questo tipo di pazienti sia significativamente più efficace rispetto alle varie monoterapie.
- l’impiego dei fitofarmaci e degli inibitori della 5-fosfo-diesterasi risulta invece abbastanza limitato: i primi possono avere un ruolo nei pazienti giovani con sintomi urinari lievi in cui non si vuole tenere bassa l'incidenza di effetti collaterali; i secondi possono essere utilizzati in pazienti in cui oltre all’IPB sono presenti problemi di impotenza. In entrambi casi vanno anche considerati i costi delle terapie.
Combodart: efficacia ed effetti collaterali.

Il combodart consente ai pazienti in terapia di associazione con dutasteride e alfa-litici di assumere un unico farmaco invece di 2: all’interno di questo farmaco si trovano infatti dutasteride (avodart) e tamsulosina agli stessi dosaggi presenti nei singoli preparati (0.5 mg di dutasteride e 0,4 mg di tamsulosina).
Combodart consente quindi di agire sia sui sintomi urinari sia sul volume prostatico nello stesso modo in cui agiscono singolarmente tamsulosina e dutasteride.
Gli effetti collaterali sono gli stessi dei due farmaci considerati singolarmente. In particolare:
- tamsulosina (come tutti gli alfa-litici) può determinare in alcuni casi un abbassamento significativo della pressione arteriosa e può causare la riduzione del volume del liquido seminale in corso di eiaculazione,
- avodart può essere responsabile di alcuni disturbi legati alla sfera sessuale come il calo del desiderio e un certo grado di disfunzione erettile.
Anche se questi effetti collaterali non sono molto frequenti, è fondamentale che questa terapia medica sia indicata e costantemente monitorata dal medico.
Le noti dolenti: i costi.
Il vantaggio del combodart risiede esclusivamente nel ridurre il numero di medicine che i pazienti con IPB in terapia di associazione devono assumere. Lo svantaggio riguarda purtroppo il costo della terapia: mentre tamsulosina e avodart vengono rimborsate dal sistema sanitario nazionale, il combodart è a carico del paziente. Questa è una realtà solo italiana dato che nel resto dell’Europa il medicinale (chiamato Duodart) risulta gratuito. Una confezione con 30 capsule di combodart costa 32,70 €: il costo quotidiano della terapia è quindi intorno a 1 euro. Ogni paziente può pertanto decidere in autonomia se assumere i due farmaci separatamente senza costi o spendere 1 euro al giorno e assumere un’unica medicina.
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